Ristampe: Lycia "A Line That Connects"
LYCIA “A Line That Connects”
(2lp, Projekt )
Il vinile è ormai tornato prepotentemente di moda ed ecco che la Projekt, sull’onda del successo del recente “In Flickers”, ristampa in doppio vinile colorato, limitato a 500 copie, “A Line That Connects”, disco rilasciato dai Lycia nel 2015 solo nel formato cd. Progetto da annoverare tra i più importanti del panorama darkwave, i Lycia hanno saputo costruirsi questa solida e meritata reputazione attraverso dischi di assoluta bellezza come “Ionia” e “A Day In The Stark Corner” (tanto per citare i miei due preferiti). “A Line That Connects” riprende quel discorso, con quattordici nuovi brani che in pratica, riassumono le diverse fasi del sound della band americana. Tanto è stato scritto in passato, su quanto l’ambiente in cui Mike Van Portfleet ha vissuto, dal deserto dell’Arizona ai monti innevati dell’Ohio, abbia influito sulle sue composizioni (a tale proposito, ri-ascoltate dischi come “Cold” e “Quiet Moments”) ed è innegabile che il sound dei Lycia riesca a proiettare l’ascoltatore in atmosfere desolate quanto possono esserlo, seppur in maniera diversa, un deserto ed una landa innevata, tra isolazionismo e ricerca spirituale, per un sound che, in tutte le sue fasi, ha saputo coniugare darkwave, ambient, ethereal ed industrial. “The Fall Back” apre il disco in maniera magistrale, tra sferzanti chitarre e la voce di Mike, che calano l’ascoltatore nell’inconfondibile sound del progetto americano, qui nella sua veste più “gotica”. Le atmosfere si fanno gradualmente più malinconiche nella successiva “Monday Is Here” (in cui ritroviamo anche la voce di Tara Vanflower), la cui fase centrale è però ancora arricchita da vibranti riff di chitarra. La fase “eterea” dell’album si accentua nelle successive “Silver Leaf”, “A Trade Out” e “Blue”. “An Awakening” mantiene la promessa del titolo, introducendoci alla parte che reputo la migliore del disco, quella in cui il sound si fa più vibrante; non a caso la successiva “The Rain” è puro gothic-rock con chitarre “alla Sisters Of Mercy” (tanto per capirci), per uno dei brani più immediati mai composti dai Lycia. “Bright Like Stars”, a dispetto del titolo, è caratterizzata da un cantato cupo, con in sottofondo i vocalizzi di Tara e da chitarre sempre più graffianti: ipnotica ed avvolgente, per quello che si rivela un altro dei punti di forza del disco. La rigorosità “industrial” di “Illuminate” potrebbe rimandare a certe cose degli Swans, mentre è un travolgente crescendo quello che caratterizza le linee gotiche di “A Ghost Ascends”. “Hiraeth”, interpretata da Tara, è eterea e sognante; la chiusura del disco è affidata a “Autumn Moon” e “The Only Way Through Is Out”, altri due pezzi di assoluta bellezza, tra echi malinconici ed atmosfere darkwave. Un grandissimo disco che meritava la ristampa in vinile.
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