RECENSIONI LUGLIO-AGOSTO 2025
- ascensionmagazine
- 4 giorni fa
- Tempo di lettura: 4 min
Saltato per cause di forza maggiore l'appuntamento di Giugno, rieccoci con una manciata di nuove recensioni. Buone vacanze a tutti, appuntamento a Settembre!
A SHRINE TO FAILURE “Undone”
(digitale)

Come un fulmine a ciel sereno, irrompe nel panorama “dark” il disco d’esordio di A Shrine To Failure (un nome che è un vero e proprio manifesto programmatico, un po' come il look che il misterioso duo di Francoforte sciorina sulla copertina del disco). “Undone” (al momento disponibile solo in digitale, ma da Settembre disponibile anche in cd e vinile grazie alla benemerita Cold Transmission) include 14 tracce (a mio avviso un po' troppe, unico difetto che gli posso muovere) per un tripudio di sonorità darkwave/coldwave/gothic; gli instancabili ricercatori dell’originalità stiano alla larga, ma chi invece è alla ricerca di nuovi “inni gotici” qui troverà pane per i suoi denti: “Black Room Memory”, “The Silence She Became”, “The Clock That Never Turns”, “This is surrender” sono hits immediati, che entrano in testa sin dal primo ascolto e promettono di spopolare sul dancefloor. Esordio coi fiocchi per uno dei dischi da ricordare per il 2025! (Recensione a cura di Giorgio Brivio).
BOOTBLACKS “Paradise”
(lp, cd / Artoffact Records)

A cinque anni dal precedente “Thin Skies”, gli americani Bootblacks tornano col nuovo “Paradise”, disco che evidenzia una svolta “elettronica” nel loro sound. Le chitarre lasciano (parzialmente) spazio ai synths per un sound che continua ad attingere alle atmosfere “eighties”, focalizzandosi ora maggiormente su notturne atmosfere synthwave (il sax ad impreziosire diversi brani) in luogo del precedente mood postpunk. Un cambio di marcia che non intacca la qualità del prodotto, anzi, per quanto mi riguarda “Paradise” è il miglior disco della band newyorkese; nove tracce senza cali di tono ed inutili riempitivi, tra cui troviamo piccole gemme come “Leipzig”, l’iniziale “Forbidden Flames”, “Can You Feel It? (Anymore)”. Ottimo. (Recensione a cura di Giorgio Brivio)
VIOFLESH “Nostalgia”
(lp, cd, tape / Young & Cold Records)

Prima release “fisica” per il duo cileno Vioflesh, attivo sin dal 2017, che dopo alcune pubblicazioni disponibili solo in digitale, rilascia “Nostalgia” in cd, vinile e cassetta per la tedesca Young & Cold Records. Rispetto al precedente “Feeling You Don’t See”, il nuovo disco punta meno sui BPM, facendo prevalere, come da titolo dell’album, una synthwave dai toni maggiormente malinconici/introspettivi. Tra le 14 tracce incluse (e non posso non ribadire quanto già scritto per A Shrine To Failure: troppe!) si mettono in evidenza “Anymore”, “Spring Nostalgia” e la conclusiva “Heartbeat”, dove si torna prepotentemente in pista. (Recensione a cura di Giorgio Brivio)
RED LORRY YELLOW LORRY “Strange Kind Of Paradise”
(lp/cd, Al!ve/COP International)

RedLorryYellowLorry, RedLorryYellowLorry, RedLorryYellowLorry... Riusciremo a ripetere questo scioglilingua inglese per dieci volte di fila? È l'ultima occasione che abbiamo a disposizione per farlo perché, come anticipato, la band è finita qui. “Strange Kind Of Paradise” è l'atto finale di una delle band post-punk più, volutamente, scomode (e sottovalutate) di tutti gli anni’80. Il cantante e chitarrista Chris Reed cominciò ad abbozzare i primi brani di questo album addirittura nel 2003, poi “la vita” compì il proprio corso. Non credevo sarebbe più neanche stato pubblicato ma poi, lui, il chitarrista David Wolfenden e tutti gli altri, la band si è sentita in dovere di omaggiarci del proprio addio. “Strange Kind Of Paradise”, con una copertina dai colori vivi che riassume l'intera storia della band, è il commiato definitivo di una delle mie band preferite. Dieci brani, uno più emozionante dell'altro, che messi in fila riassumono la storia del vero underground post-punk inglese fino alle ultime tentazioni pop-rock di lavori come “Blow” o “Blasting Off” realizzati negli anni’90. Ci sono brani che sprizzano malinconia e disillusione (“As Long As We Were Breathing” o “Killlig Time), altri che affondano ritmiche martellanti e sciabolate di chitarra come in un pezzo di burro (“Driving Black”, “Many Trapped Years”, “Trappy Language” o una più volte ri-arrangiata versione di “Words Collide”). E poi c'è il pop di “Shooting Stars Only”. Battiamo le mani, poi alziamole e salutiamo i Red Lorry ringraziandoli per questa ultima (vera) fatica discografica. La storia è finita, la leggenda continua. (Recensione a cura di un Alex Daniele in dovere di dare un 9 su 10 anche se non richiesto)
EKRANOPLAN “Seid Bereit”
(lp/digitale, Verset Post)

Ekranoplan, è il secondo rilascio in vinile del progetto elettronico di Emiliano Tortora, “un ragazzo” da sempre innamorato di sintetizzatori e musica analogica ma, visto che lo conosco personalmente da oltre un ventennio, vi dirò anche un appassionato di suoni a 360° (dal post-punk alla new-wave, dal dark-ambient al britpop). “Seid Bereit” non è un disco, ma un viaggio tra paesaggi reali e spazi cosmici. Sette brani che, idealmente, fanno da colonna sonora a un incidente automobilistico che potrebbe avere coinvolto tre auto diverse. Probabili conduttori degli automezzi, che sono scappati prima dell'arrivo della polizia, di certo Frank Tovey (“The Mirror Crack'd” suona molto Fad Gadget), forse Klaus Schulze (non riuscirei altrimenti a giustificare certe atmosfere sintetiche tipicamente krautrock) e, possibile, anche il Franco Battiato più sperimentale. Un incidente in paradiso dunque! Ma in “Seid Bereit”, grazie a Dio, sono invece tutti vivi e vegeti; non solo il deus-ex-machina Emiliano, ma anche i vari ospiti che lo hanno aiutato in questa produzione oltremodo coraggiosa (tra questi citiamo Simona Ferrucci di Winter Severity Index e Ntendarere Djodji Damas del gruppo punk dei Giuda). Buon ascolto! (Recensione a cura di Alex Daniele)
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