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Recensione: 1919 "Citizens Of Nowhere"

1919 “Citizens Of Nowhere”

(CD/LP/Download, Manic Depression Records)



I 1919 (ai quali avevamo dedicato un bellissimo speciale su uno dei numeri in pdf della nostra rivista) rappresentano uno di quei gruppi postpunk inglesi degli ottanta che ai tempi, così come tanti altri, non riuscì ad aprirsi un seguito aldilà della Manica nonostante un potenziale invidiabile. Solo più avanti con gli anni, all'insegna di termini/locuzioni come “reunion” e “riscoperta di tutto ciò che fa vintage”, i 1919 conquistarono gli appassionati del genere che vivevano fuori da Albione. Nulla di inedito al fronte, il suono dei primi due album dei Killing Joke è sin dall'inizio un'ispirazione dichiarata di questa band, ma al contempo una formazione genuinamente arrabbiata e fortissima specie in dimensione live. “Borders”, il primo brano di questa nuova fatica discografica dei 1919, rimane di fatto codificato da un bel basso funkeggiante tra Killing Joke e Play Dead, un drumming tribale tipico del postpunk anni ottanta e le movenze epiche del cantato di Rio Goldhammer su un graffiare/ronzare della chitarra. Caso quindi di chiudere qui la recensione? No, affatto, perché questa è la prima volta nella storia dei 1919 che il grupopo di Bradford scopre il pop. Se, parlando di una canzone come “Feels Like Forever”, vogliamo per forza proseguire col tirare in ballo i Killing Joke, a giochi fatti, è un po' come passare da “What's This For...!” a “Fire Dances”. Sebbene ancora lontanissimi dal pop di fama e qualità di “Night Time” e “Brighter Than A Thousand Suns”, sempre facendo paragone alla band di Coleman, i 1919 sembrano (senti anche “Only The Good”) essere riusciti a diventare più accessibili, per alcuni versi moderni, con i suoni delle chitarre che appaiono più fruibili anche a chi è digiuno di “post-punk anni ottanta” e fuoco della rabbia come regolato dal soffio delle melodie. “Citizens Of Nowhere” è un ottimo disco di passaggio, un ponte tra quarant'anni di musica capace di traghettare da una una parte all'altra della sponda chiunque lo percorra, vecchio o giovane. Tutto questo anche se, bisogna rimarcarlo, di postpunk si parla e di postpunk vive l'album. Quella dei 1919 è un'evoluzione che mi piace, che toglie polvere dal passato e, pur senza tradire la propria matrice ruvida, guarda con lucidità al presente. Voto: 8/10 (Recensione a cura di Alex Daniele)


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