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Recensione: Burning Gates "Dying Season"

BURNING GATES “Dying Season”

(cd / Swiss Dark Nights)



Premessa seppure difficile da mantenere: sarò sincero con tutti in questa recensione. Sarò sincero con chi legge... Sarò sincero nei confronti di una band che seguo dagli inizi (cioè dal 1995) e in cui militano alcuni tra i miei migliori amici... Sarò sincero con me stesso! “Dying Season” (il “white album” del progetto) non deluderà i fan di vecchia data dei Burning Gates; lo stile (perché i Burning Gates godono di “uno stile proprio”!) non è cambiato e gli anni non hanno ammaccato il loro modo di comunicare con l'ascoltatore. “Without Shelter” è subito un selvaggio sferragliare di chitarre gotiche che non può lasciare indifferenti gli appassionati del genere (stessa cosa che posso dire per “The Cloud Factory (Maya's Dream)”); ma ancor meglio la title-track, buon compromesso tra rabbia e melodia in pure stile Burning Gates. Scelte sbagliate per ora non se ne sentono, e non le sentiremo anche nei prossimi brani. Niente di stucchevole (e va bene così) con un disco più vicino ai loro lavori degli anni novanta anziché il precedente “New Moon” (2018); ed è qui che è insito il mio problema personale con “Dying Season”. Sono cresciuto con loro, con la loro musica, con i testi disillusi (ma mai arrendevoli) di Michele, con il loro (ma anche mio) mondo di vivere un certo tipo di suoni: il mio amore e rispetto per loro non si è ancora affievolito ma, cazzi miei, il ritorno del 2018 con “New Moon” è qualcosa di difficile da ripetere. Colpa mia, non dei Burning Gates, se sono rimasto così affezionato a quell'album che, dopo quasi un ventennio, mi riconsegnava la grinta della band in una forma più selvaggia che mai. Questo è il mio unico problema con “Dying Season” ma, ripeto, è un problema solo mio. Di qui le mie preferenze per “Before The Rain (Changing Of The Sky)” e “Awaking (MMXXII)”, due gran begli schiaffi in faccia alla (povera) scena gotica di oggi. Merita poi una citazione a parte la suite suddivisa in tre parti del commiato di “Torment”: un addio (che io spero un “arrivederci”) che dalle ombre grevi e solforose delle prime due sezioni si conclude in una pura esplosione di energia mista a liberazione. Tirando le somme “Dying Season” è un lavoro ragguardevole, un album che non deluderà i fan del gruppo, anche se osservato dalla mia prospettiva non riuscirà mai a sostituire “New Moon”.

Voto: 8/10 Recensione a cura di Alex Daniele

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