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Recensione: Gavin Friday "Ecce Homo"

GAVIN FRIDAY “Ecce Homo”

(LP/CD, BMG)

 



Gavin Friday: un irlandese purosangue e, dalla notte dei tempi in cui creò la “art fuck” dei Virgin Prunes, un artista sempre contro-corrente ed imprevedibile. Conosco abbastanza i suoi lavori solisti, molte delle sue svariate collaborazioni esterne, il suo amore per le colonne sonore e, ovviamente, le sue antiche pulsioni con le “prugne vergini”. Conosco quanto mi è sufficiente per considerare “Ecce Homo” un lavoro di musica contemporanea perfettamente riuscito che, incredibile, alza l'asticella della discografia di Friday. Gavin, ancora una volta, cambia le regole del suo song-writing come del proprio approccio alla musica, complice anche Dave Ball dei Soft Cell. Era il 1986 quando Ball produsse il definitivo testamento dei Virgin Prunes di “The Moon Looked Down And Laughed”, era il 2009 (prima ancora dell'uscita di “Catholic”, ultimo album solista in studio dell'artista irlandese) che i due si erano ritrovati insieme per registrare e pubblicare una cover della storica “Ghostrider” dei Suicide per l'occasione del compleanno di Alan Vega. I due, Friday e Ball, rimangono dunque in contatto per anni, scambiandosi email, idee e suoni. Il risultato di questo lunghissimo scambio di opinioni ci porta a “Ecce Homo” (titolo di un libro di Nietzche nonché la storica frase che pronunciò Ponzio Pilato mostrando un “Gesù flagellato” alla folla); in sintesi l'ennesima materializzazione del naturale controverso talento artistico che possiede il nostro. In “Ecce Homo” Gavin Friday sposa la musica elettronica, qualcosa che, tralasciando alcune fugaci collaborazioni con altri artisti, non aveva mai seriamente affrontato prima di oggi. E lo fa a modo suo, magari seguendo qualche dritta datagli da Ball, pur sempre senza rinunciare alla propria identità da romantico chansonnier di una Dublino decadente, operaia e religiosa. “Lovesubzero”, il brano che Friday ha scelto come apertura della sua nuova fatica, è un dipinto d'autore. L'abbozzo di un quadro che comincia con la voce calda, a tratti distaccata, di un pittore musicale che, prima di terminare il proprio quadro, appoggia progressivamente sulla tavolozza suoni elettronici importanti. La successiva “Ecce Homo”, dove il supporto elettronico suggeritogli da Ball segna il crescere dei bpm onde poi concedere a Gavin alcuni stacchi di poesia, rimane, almeno per me, l'apice di un disco dove la definizione di un genere anziché un altro è mera stronzata di una critica limitata da paletti e definizioni dai quali, fin dalla notte dei tempi di “If I Die, I Die...” dei Virgin Prunes, è vietato cercare definizioni. Per quanto non sopporti l'AI per lo sviluppo di video musicali, eccezione al quale non avrei mai creduto, l'aggrovigliarsi di immagini di soldati in parata, boschi, burrasche marine e quant'altro poi destinato ad esplodere in un incendio guerresco, è un qualcosa che funziona magnificamente in “Ecce Homo”. “Lady Esquire” ci riporta quindi al Gavin Friday dei suoi giorni di cantautore, con i sintetizzatori, i sequencer e le drum-machine programmate da Riccardo Mulhall ora in secondo piano. Il pop sognante ed etereo di “When The World Was Young” (quando il termine “pop” non è un qualcosa di dispregiativo ma, nel caso specifico, qualcosa che si avvicina molto ai brani migliori degli ultimi U2) è un'altra perla. “The Best Boys In Dublin” e la conclusiva “Lamento”, laddove la musica elettronica ha completamente ceduto il passo alle “pulsioni umane” di Gavin, sono i gustosi titoli di coda di una virtuale colonna sonora dedicata alla sua terra, ai suoi sogni e alle sue delusioni. Ascension Magazine dice “sì”! E lo hanno detto anche i suoi cari vecchi amici Bono e The Edge alla presentazione dell'album in un negozio di dischi di Dublino. Voto 8,5/10 (Recensione a cura di Alex Daniele)GAVIN FRIDAY “Ecce Homo”

(LP/CD, BMG)

 

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