Recensione: Klonavenus "Motion:less"
KLONAVENUS “Motion:Less”
(cd, digital / Space Race Records)
A ben cinque anni dal precedente “Angst”, ecco “Motion:Less”, terzo album di Klonavenus, duo formato da Saffio e Paolo Chemnitz, ancora una volta edito da Space Race Records. Parlare del duo romano vuol dire parlare della storia del panorama “elettro-dark” italiano, un sottobosco che ovviamente non ha mai potuto competere a livello di numeri con altri Paesi europei, ma che venti/quindici anni fa circa, ha conosciuto anche da noi, il suo piccolo momento di gloria, anni in cui le serate elettroniche a base di future-pop ed EBM funzionavano alla grande. Il fenomeno si è, ahimè, ampiamente ridimensionato (per non dire morto, almeno in una città come Milano) ma c’è ancora chi, anche in Italia, porta orgogliosamente la bandiera di certe sonorità, ed in tal senso “Motion:Less” è un disco coi fiocchi, un prodotto che non ha nulla da invidiare a certe produzioni tedesche, scandinave o americane, che sciorina appunto ottime sonorità future-pop, synth-pop ed EBM attraverso dieci brani (a cui va aggiunto un remix di “Dies Irae” a cura di Templebeat, a proposito di nomi “storici” del panorama italiano) decisamente piacevoli. Si parte alla grande, con i toni inizialmente apocalittici di “Dies Irae”, che si evolvono in una splendida cavalcata ad alto tasso di BPM. Picchia duro anche la successiva “We Fly Away”, ottimo esempio di contaminazione tra future-pop ed EBM che rappresenta il tratto dominante del disco, come evidenziato da altri episodi come “Emotionless”, “Permafrost” ed “In Good And Evil”, brani dove si fa palese l’influenza di bands come S.I.T.D. e Solitary Experiments. Non mancano episodi dai tratti più delicati come la romantica/melodica “My Crying Bride” o introspettivi come la strumentale “Neon (Blue)”. Gli anni d’oro di certe sonorità saranno anche passati, ma la passione non muore mai nel cuore di chi la coltiva e “Motion:Less” rappresenta un ottimo prodotto per gli amanti del future-pop ed i suoi derivati. Voto: 8/10 (recensione a cura di Giorgio Brivio)
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