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Recensione: Red Lorry Yellow Lorry “Driving Black EP”

RED LORRY YELLOW LORRY “Driving Black EP”

(12”/Digital, COP International)

 



“Zzzzzzzzz”... Lo sentite questo ronzio? “Zzzzzzzzzzzz”... Lo sentite questo disturbo sonico dentro al quale sono scavate due chitarre, un basso, una batteria e una drum-machine? Ve lo ricordavate questo marchio di fabbrica di una delle band post-punk più sottovalutate di tutti gli anni’80? Vi mancava? Con un album di addio in uscita il prossimo febbraio (annunciato da più di 20 anni), questo EP di sei tracce (di cui tre non saranno pubblicate altrove) i Red Lorry Yellow Lorry ci anticipano il proprio testamento. Già, non attendevi di vederli di nuovo dal vivo; la band non esiste più! L'uscita di questo materiale inedito è principalmente un segno di gratitudine verso quei musicisti che, al fianco del frontman Chris Reed, hanno lavorato duro per portare a termine queste nuove musiche che avremmo sperato di condividere insieme alla band all'interno di un contesto live. Chi dal 2003 in poi ha avuto l'opportunità di vedere i Red Lorry Yellow Lorry dal vivo (in Italia sono passati diverse volte), forse, ricorderà “Driving Black” (da allora più volte annunciata come prossimo singolo del gruppo). Di fatto è proprio questa la canzone (qui pubblicata in due diverse versioni remixate) a riassumere nella modalità più fedele il passato ronzante della band di Leeds.

“Zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz....”! Trentadue anni dopo l'ultimo album “Blasting Off”, i “Lorries” tornano a fare rumore, a snobbare il mainstream, a correre all'interno di quell'oscuro tunnel sonico che cominciarono a costruire nella prima metà degli anni ottanta e dal quale, arrivati ad oggi, scopriamo che non è stata mai progettata una via d'uscita. “Safe As Houses”, come da consuetudine del menefreghismo della band, ha più ombre che luci, sagome oscure che congiuntamente riportano sia ai tempi degli esordi che a quando li avevamo lasciati con “Blasting Off”. La voce di Chris è sempre un'emozione unica, un demone isolato, lontano da noi, però bravo a trasmetterci tutte quelle angosce che si annidano dentro il nostro cuore. La chitarra di Wolfenden (nella band sin dal 1984) si incrocia perfettamente con il lavoro di quella di Reed, rimescolando insieme riff densi di melodia ad altri più “noise”. Non meno importante la precisione ritmica del basso di Simon “Ding” Archer (The Fall, 1919, PJ Harvey e Pixies) e della batteria di Martin Henderson (con invece in curriculum gli Skeletal Family, i Batfish Boys di Simon-D dei March Violets, The Mekons e il glam dei Quireboys) che, come da altra consuetudine di Reed, condividono il proprio lavoro con una drum-machine. “Living With Spiders” è invece un momento di pausa dal post-punk secco e abrasivo per cui è conosciuta la band, una sorta di indie velenoso alla “Blow” (album dei Red Lorry Yellow Lorry del 1989). Appena il tempo di girare il vinile sul piatto che, appoggiata la puntina, sua maestà John Fryer (che ha co-prodotto l'intero lavoro insieme Simon Archer) ci propone un aggiornamento elettronico, gradito o meno, della title-track. Chiudono “Piece Of Mind” e “Chickenfeed” (anche questa qui presente in una versione remixata): due brani che poco aggiungono al valore di una band imprescindibile per chi ama il genere, ma che non guastano tutto quello che hanno espresso dai tempi del minimalismo di “Beating My Head”, passando per il “darkume saturo” di “Paint Your Wagon” e le ritmiche serrate col filo spinato di “Nothing Wrong”.

“Zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz....” Se anche voi sentite ancora questo ronzio, fate come me e compratevi il disco. In caso contrario, se per voi questo non è sufficientemente “post-punk”, nessun problema. Fuori dal tunnel c'è un oceano di nuove band armate di computer che vi daranno quello che state cercando. “ZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZZ”!

Voto 8,5/10 (Recensione a cura di Alex Daniele)

 

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