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Recensione: THE CULT "Under The Midnight Sun"

THE CULT “Under The Midnight Sun” (LP, CD / Black Hill Recordings)


Le premesse dietro questo ritorno discografico di The Cult avevano già fatto ben sperare: a partire dall'antipasto del singolo “Give Me Mercy”, fino ad arrivare alle parole del chitarrista Billy Duffy. Un disco che, come spiega lo stesso Duffy, è per certi versi un ritorno al rock and roll darkeggiante di “Dreamtime” e “Love”. Infatti in questo album, dell'hard & heavy rilanciato da The Cult negli anni novanta c'è in effetti davvero poco e Ian Astbury e Billy Duffy, per una volta nella loro vita, non sembrano volere prevalere uno sull'altro. La voce di Ian e le stratificazioni di effetti della chitarra di Billy trovano qui un compromesso mancato negli ultimi lavori della band, il tutto oggi riscoperto sotto ad un sole di mezzanotte (che nel lontanissimo 1986 la band visse personalmente durante un festival in Finlandia) in cui la luce rimane alta nel cielo mentre la notte sta per avanzare. “Under The Midnight Sun” è dunque un chiaroscuro di sonorità rock che, a suo modo, riconferma come la band (seppure siano trascorsi quasi quarant'anni dal proprio esordio) abbia ancora voglia di sperimentare, stupire e andare contro corrente. “Under The Midnight Sun” è il disco “grigio” per eccellenza del duo Astbury-Duffy, questa volta coadiuvato dal batterista Ian Matthews (Kasabian), il bassista e tastierista americano Tom Algety (co-autore di molte delle canzoni contenute), un Charlie Jones che prestò il suo basso a Robert Plant dei Led Zeppelin prima di entrare nei Goldfrapp. Registrato in quegli stessi Rockfield Studios in Galles, dove nel 1984 venne immortalato il debutto di “Dreamtime”, “Under The Midnight Sun” suona come la fine di certe asperità heavy (a queste viene concesso il finale di “A Cut Inside”) a favore di una spiritualità e una quiete ritrovata. “Mirror” suona benissimo come porta d'ingresso all'ascolto dell'intera opera, “Vendetta X” ne ripropone il mood e, quindi, come già affermato, “Give Me Mercy” rasenta la perfezione di una power-ballad indimenticabile che attinge dai migliori momenti della storia del gruppo. “Outer Heaven”, ancora una ballata-elettrica, ci ripropone l'occasione per comprendere perché Astbury e Duffy non possano vivere uno senza l'altro. La scelta acustica di “Knife Trough Butterfly Heart” ci strugge con la stessa dolcezza della carezza di una madre per una figlia che per la prima volta nella propria vita ha scoperto la durezza del suo cuore spezzato. “Impermeance” (potenziale terzo singolo dall'album) svetta per l'immortale incrociarsi della chitarra di Duffy con la vocalità epica di Astbury. Chiude i trentacinque minuti di ascolto di “Under The Midnight Sun” (un album che avrei voluto durasse molto più a lungo – unica pecca che ho trovato) la dolcezza d'archi della title-track: una incredibile ode alla notte e ai suoi romantici protagonisti così come impersonati da una indimenticabile interpretazione di Ian Astbury. Sicuramente l'album più emozionante e riuscito della band come non sentivo dagli anni’90. Lunga vita al culto!

Voto: 8,5/10 (Recensione a cura di Alex Daniele)


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