Recensione: TourdeForce "Hail the Electronic Sun"
TOURDEFORCE “Hail The Electronic Sun”
(cd, SPQR label)
A due anni di distanza dall’Ep “Six In The Key of Death”, totalmente focalizzato sulla coverizzazione
di brani di Death In June, TourdeForce torna a cimentarsi con la sua personale rilettura del cosiddetto “apocalyptic-folk”, allargando questa volta gli orizzonti anche sulle opere di altri colossi del genere come Sol Invictus, Current 93 e Coil. Sono in particolare i brani di Sol Invictus a convincermi, come se tra Tony Wakeford e Christian Ryder vi sia un collegamento ideale, costituito dall’innata malinconia e disincanto che contraddistingue le loro opere. E’ infatti una magistrale “A Ship Is Burning” ad aprire l’album: seppur declinate lungo diverse coordinate sono la stessa malinconia, lo stesso spleen, la stessa sehnsucht ad emergere. Altrettanto convincenti risultano “Gold Is King” (dove i campionamenti vocali di Ezra Pound poggiano su basi elettro-dance che rimandano agli Apoptygma Berzerk di “Eclipse”), “Media” e “In Days To Come”. Sorprendente la rilettura di “Crowleymass” di Current 93; se su “Island” risultava quasi essere un brano fuori posto, qui trova piena giustificazione ed ideale collocazione. Di Death in June troviamo la rilettura (completamente stravolta rispetto all’originale) di un brano “minore” come “Murder Made History”, il divertissement di “All Pigs Must Die” ed ovviamente “The Death Of The West”, brano che in album zeppo di riferimenti più o meno espliciti (si ascoltino i numerosi campionamenti presenti nei brani) assurge ad inevitabile manifesto ideologico. “Hail the Electronic Sun” può forse risultare “sacrilego” ai puristi del genere, ma in realtà è la perfetta dimostrazione che la morte dell’Occidente può essere declamata tanto in modo “acustico” quanto in modo “synthetico”: ciò che conta è il messaggio, non come lo si esprime. Voto: 7,5/10
Recensione a cura di Giorgio Brivio
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