Recensione: TourdeForce "Six In The Key Of Death"
TOURDEFORCE “Six In The Key Of Death”
(mcd, digital download / SPQR Records)
TourdeForce (aka Christian Ryder) si addentra nel campo minato delle cover, oggi particolarmente insidioso perché la band a cui si rende omaggio, è una sorta di “totem” della scena “alternativa-oscura”, ovvero Death In June, nome che ancora oggi è sinonimo di ammirazione, culto e polemica sia per motivi extra-musicali (che NON andremo assolutamente a trattare) sia per la non eccelsa qualità delle ultime produzioni firmate Douglas P. “Six In The Key Of Death” si concentra però sulla produzione più “datata” della Morte In Giugno, tanto che il pezzo più “recente” è “Come Before Christ And Murder Love”, datata 1986. Sei brani quindi, che pagano pegno soprattutto a “Nada”, best-seller di Death In June, nonchè l’album in assoluto più “accessibile”, grazie ad hit ormai super-classici come “Fields Of Rape”, “The Calling” e “She Said Destroy”. Si parte quindi proprio con “Fields Of Rape”, assolutamente stravolta rispetto all’originale, proposta in una versione elettro-pop, 100% TourdeForce, con arpeggi iniziali che rimandano ai Cure di “Just Like Heaven”. Un campionamento vocale di Papa Bergoglio e ruggenti chitarre “metal” ci introducono a “Holy Water”, riletta in versione “industrial-rock”. Terzo brano e terza virata stilistica per “The Calling”; TourdeForce ne mantiene (giustamente) le caratteristiche “elettro-dance”, affidandosi al cantato femminile di Ivory Priss. Seconda metà del disco aperta da “Nowhere Street”, nella stessa versione “industrial-rock” presente nell’album “Vargtimmar” pubblicato nel 2021, una versione che non nego (da vecchio fan del progetto di Douglas Pierce) di aver fatto fatica a digerire. Più semplice metabolizzare una “She Said Destroy” che mantiene lo spirito “marzial-danzereccio” dell’originale, esasperandone soprattutto la componente elettro-dance, con incursioni di elettrizzanti riff di chitarra. Chiusura affidata ad una struggente “Come Before Christ And Murder Love”: il pianoforte e la voce di Ivory Priss sorreggono questa versione intima e minimale sino al minuto 3’30” quando inizia a farsi strada un ipnotico beat forse un po' troppo “Ibiza style” bilanciato dal controcanto della fisarmonica: una rilettura quindi assai audace, in bilico tra la componente malinconica e quella dance. Come scritto all’inizio, le cover sono sempre materiale insidioso da trattare, soprattutto quando, come in questo caso, si ha a che fare con un nome che è autentico “oggetto di culto”; per quanto mi riguarda, TourdeForce supera brillantemente la prova, dimostrando anche coraggio nella realizzazione di alcune versioni che seppur distanti dagli originali nella loro esecuzione musicale, ne mantengono intatta l’urgenza “spirituale/ideologica”. Voto: 7,5/10 (Recensione a cura di Giorgio Brivio)
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